Il mio avvocato mi ha detto che se devo fare delle transazioni con le banche, creare un Fondo Patrimoniale o un Trust per proteggere la casa, può compromettere la transazione con gli istituti di credito.
Per descrivere meglio i due istituti, e rispondere in fondo a questa domanda, leggete l’articolo.
In questo breve articolo verranno posti a confronto due istituti simili, poiché entrambi hanno la funzione di tutelare il patrimonio dei disponenti in virtù del vincolo destinatorio impresso sui beni, ma in realtà molto diversi tra loro.
Essi si prestano entrambi ad una programmazione di gestione dei beni, ma con i limiti e le caratteristiche loro proprie, che vengono sotto indicati.
ANALOGIE TRA FONDO PATRIMONIALE E TRUST
1) VINCOLO E SEGREGAZIONE
Entrambi gli istituti creano un vincolo funzionale sui beni in essi conferiti, destinandoli ad uno scopo preciso. Questo permette di separare e segregare detti beni dal restante patrimonio del disponente/conferente, limitando drasticamente le categorie di creditori che possono aggredire il patrimonio del debitore.
2) PROTEZIONE DAI CREDITORI
Nel fondo patrimoniale i beni sono destinati dai coniugi nell’esclusivo interesse del soddisfacimento delle esigenze della famiglia, al suo mantenimento e allo sviluppo della prole. Pertanto, solo coloro che vantano crediti verso i coniugi inerenti ai bisogni della famiglia possono rivalersi sui beni del fondo.
Nel trust i beni vengono destinati nell’esclusivo interesse dei beneficiari finali in attuazione del programma predisposto dal disponente e vengono sottratti a qualunque forma di azione giudiziale da parte di terzi, a meno che non si tratti di obbligazioni nate in attuazione delle disposizioni del trust.
3) NATURA GIURIDICA
Sia il fondo patrimoniale, sia il trust, sono atti di natura liberale. Significa che non vi è un corrispettivo per quanto conferito nel fondo.
DIFFERENZE TRA FONDO PATRIMONIALE E TRUST
1) COSTITUZIONE
Il fondo patrimoniale può essere costituito dai coniugi, da uno di essi e anche da un terzo (in questo caso per atto tra vivi o per testamento) con l’accettazione da parte dei coniugi, quindi esige la presenza del matrimonio; Il trust viene creato per volontà di uno o più soggetti, persone fisiche, che dispongono in tutto o parte del proprio patrimonio (disponenti), anche per via testamentaria.
2) OGGETTO
Il fondo patrimoniale può contenere solo beni immobili, mobili registrati e titoli di credito nominativi; Il trust può contenere qualunque tipo di bene o diritto.
3) DURATA
Il fondo patrimoniale non ha una scadenza predeterminata e viene a cessare con lo scioglimento del matrimonio per qualunque causa, salvo vi siano figli minori e in tal caso prosegue fino al compimento della maggiore età dell’ultimo di essi.
Il trust cessa al verificarsi del termine finale di durata che viene stabilito dal disponente nell’atto istitutivo a meno che i beneficiari finali non decidano di farlo proseguire.
4) AMMINISTRAZIONE DEI BENI
Il fondo patrimoniale è amministrato dai coniugi, congiuntamente o separatamente a seconda del tipo di atto e non comporta nessuna modifica sulla proprietà originaria dei beni. In determinati casi, in presenza di figli minori, occorre l’autorizzazione del giudice;
Il trust viene gestito esclusivamente dal trustee, al quale vengono trasferiti in gestione, mentre la proprietà passa al Trust dove vengono conferiti i beni del disponente, anche se non si mescolano con il patrimonio personale del trustee e rimangono segregati fino all’attribuzione finale ai beneficiari cui effettivamente appartengono.
La gestione rispecchia il contenuto dell’atto istitutivo e le norme della legge regolatrice prescelta.
5) NATURA DELL’ISTITUTO
Il fondo patrimoniale è una convenzione matrimoniale, che si aggiunge al regime di separazione o comunione tra i coniugi, per cui non può essere considerato soggetto autonomo di diritto.
Il trust viene considerato fiscalmente alla stregua di un enteavente soggettività giuridica e può essere commerciale o non commerciale a seconda dell’attività esercitata dal trustee che non ha nulla a che vedere con la tipologia di beni che compongono il fondo.
6) Regime fiscale e tassazione
Il fondo patrimoniale si crea apponendo sui beni un vincolo e, se non vi è nessun trasferimento di proprietà, è un’operazione sottoposta ad imposta di registro in misura fissa pari a 200,00 €; qualora il vincolo riguardi immobili, saranno altresì dovute imposta di bollo, imposta e tassa ipotecaria in misura fissa.
Nel caso in cui il bene venga trasferito per via testamentaria da un terzo o conferito da un terzo, si applica l’imposta di successione e donazione nei limiti in cui supera le franchigie di legge in relazione al rapporto di parentela tra terzo e ciascuno dei coniugi. In questo caso saranno altresì dovute le imposte ipotecarie e catastalirispettivamente in misura del 2% e 1%.
Seguendo l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate la disposizione di beni in trust (che giuridicamente e fiscalmente equivale ad una donazione indiretta) sconta la relativa imposta.
Tuttavia, in virtù delle franchigie elevate (1 milione per donazioni in linea retta padre-figlio o nonno-nipote o tra coniugi) spesso tali trasferimenti avvengono in esenzione da imposta di donazione, e scontano le imposte ipocatastali o di registro in misura proporzionale (a seconda del tipo di bene conferito).
Tuttavia per costante giurisprudenza di Cassazione, gli atti dispositivi del fondo in trust effettuati da parte del disponente nei confronti del trustee sono caratterizzate dalla provvisorietà, in quanto attribuzioni funzionali allo svolgimento del programma contenuto nell’atto istitutivo e a vantaggio dei beneficiari indicati che sono i veri proprietari del fondo.
La tassazione definitiva si avrà nei confronti di costoro nel momento in cui il trust cesserà e il trustee attribuirà a ciascuno di essi quanto previsto.
Pertanto, dice la Cassazione, detti trasferimenti sono esenti da imposta di donazione e pagano l’imposta di registro e le ipocatstali in misura fissa con riferimento a ciascun conferimento.
7) LE BANCHE. Come vedono i due atti segregativi le banche.
In generale la modifica della patrimoniali del soggetto conferente i beni, in entrambi casi, riduce i beni aggregabili dai creditori, e se l’atto viene fatto in un periodo non sospetto ( momento di crisi, o default, o di razionamento di garanzie fideiussori), non genera alcun conflitto con gli istituti di credito. Diverso il caso in cui l’atto Viene effettuato in un momento critico passibile di revocatoria ordinaria o fallimentare, in tal caso, l’atto può essere annullato anche i breve tempo, su richiesta da parte del creditore al tribunale ( sei mesi). Nessun ostacolo invece e se il conferente non ha debiti scaduti o in contezioso al momento della creazione.
8) AGGRESSIONE
Con il Fondo Patrimoniale il credito potrebbe decidere comunque di aggredire i beni ( immobili ad esempio) iscrivere ipoteca, ed attendere il momento in cui il Fondo Patrimoniale cessa per poter agire per il recupero dei suoi crediti ( quando resta solo un famigliare senza figli minorenni). Il TRUST invece non può essere aggredito dai creditori particolari del disponente che in genere non è nemmeno il beneficiario, o e solo uno dei beneficiari del trust. Quindi da questo punto di vista segregare in un Trust o in una società Immobiliare con le quote in Trust ha sicuramente maggiori vantaggi per la protezione degli asse immobiliari.
9) TRASPARENZA DEL TRUST E DEL FONDO PATRIMONIALE
In generale la trasparenza , ovvero l’indicazione della proprieta di un bene, sia esso quota di partecipazione o immobile, e pubblica, salvo solo il caso in cui la quota di partecipazione sia inferiore al 25%. Per tale motivo è possibile mantenere l’opacità di un trust con quote frazionate sotto il 25%, ed in tal caso il soggetto che dispone del controllo del trust , il trustee è il beneficiario da comunicare in CCIAA come soggetto che dispone in qualità di amministratore ( non proprietario) del patrimonio in trust.
Il trust è un istituto giuridico di origine anglosassone attraverso il quale un soggetto, definito disponente o “settlor”, per atto tra vivi o a causa di morte, separa il suo patrimonio destinando alcuni beni al perseguimento di specifici interessi, a favore di determinati beneficiari o per il raggiungimento di uno scopo determinato, e trasferisce la titolarità e la gestione di questi beni a un altro soggetto, definito gestore o “trustee”. Il trust rientra a pieno titolo, pertanto, nella categoria degli strumenti di tutela del patrimonio.
Quale legge si applica al trust?
Il trust non è direttamente disciplinato dal nostro sistema normativo, ma è comunque uno strumento giuridico legittimo e attuabile in virtù della ratifica da parte dell’Italia della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, entrata in vigore il 1° gennaio 1992. Pertanto, il trust è riconosciuto nel nostro ordinamento giuridico come istituto di diritto privato, ma non è regolamentato dalla legge italiana. È compito del disponente o del gestore scegliere la legge applicabile fra gli ordinamenti giuridici stranieri che legiferano in modo specifico sul trust (quali, ad esempio, l’Inghilterra). Se, tuttavia, settlor o trustee non effettuano tale scelta, si deve applicare la legge con cui il trust ha più strette connessioni (luogo di gestione, collocazione dei beni, residenza del trustee, residenza del beneficiario, etc.). In Italia può essere riconosciuto: – un trust istituito all’estero; – un trust costituito in Italia per beni situati all’estero; – un trust istituito da cittadini stranieri in Italia su beni che si trovano in Italia.
Dibattuta è, invece, la possibilità di realizzare un trust c.d. puro o interno, cioè costituito in Italia, da un cittadino italiano e avente a oggetto beni siti nel nostro Paese. Prima della ratifica della Convenzione e in mancanza di un’apposita legge, gli scopi raggiunti nel mondo anglosassone con l’istituto in esame, nel nostro Paese sono stati perseguiti mediante altri simili strumenti giuridici, quali il fondo patrimoniale, il mandato senza rappresentanza, il contratto a favore del terzo e il negozio fiduciario, quest’ultimo anche nella forma della società fiduciaria.
Quali sono gli effetti?
L’effetto principale del trust è la segregazione patrimoniale: i beni conferiti vanno a formare un patrimonio separato rispetto al patrimonio personale non solo del settlor, ma anche del trustee, cosicché i beni vincolati non possano essere aggrediti dai creditori del disponente o del gestore e neppure da quelli del beneficiario. Effetto peculiare del trust risiede nello sdoppiamento della proprietà: la titolarità dei beni del trust e dei relativi diritti viene attribuita al gestore, tuttavia i beni destinati restano segregati nel trust e, come già detto, diventano estranei al patrimonio personale sia del settlor che del trustee. Il trust, infatti, viene amministrato dal trustee unicamente nell’interesse dei beneficiari individuati dal disponente o per il perseguimento degli scopi indicati dallo stesso.
Chi fa un trust? Quali sono i soggetti coinvolti? Settlor e trustee
Il settlor è colui che istituisce il trust, destinandovi determinati suoi beni e così ottenendo la separazione dalla parte di suo patrimonio conferita in trust da quella che resta nella sua sfera patrimoniale (effetto segregativo). Il settlor determina anche la durata che, fatto salvo il trust di destinazione (di cui si leggerà infra), non può essere perpetua. Il trust è irrevocabile da parte del disponente, a meno che non sia diversamente stabilito nell’atto istitutivo. Il settlor può segregare in trust generalmente qualsiasi tipo di bene. Spesso si sente parlare, un po’ impropriamente, solo di trust immobiliare, mentre invece tale istituto può avere a oggetto non solo beni immobili, ma anche beni mobili registrati, beni mobili non registrati, quote societarie (in particolare S.r.l.) e crediti e strumenti finanziari. Il trustee, invece, è il soggetto che diventa proprietario dei beni a lui affidati, in relazione ai quali ha poteri di amministrazione e disposizione, secondo le istruzioni impartite dal disponente e in base alla legge scelta per regolamentare il trust; ha, inoltre, l’obbligo di rendere conto della gestione al disponente, al beneficiario e all’eventuale guardiano (figura di cui si leggerà infra) laddove previsto. Il beneficiario può essere determinato o indeterminato (cioè determinato successivamente dal settlor); si distinguono poi i beneficiari immediati (quelli che traggono immediata utilità dal trust) dai beneficiari mediati.
Cosa ne può formare oggetto?
È possibile istituire anche un trust privo di beneficiario: si tratta del trust di destinazione, in cui i beni sono appunto destinati esclusivamente al perseguimento di uno scopo ritenuto meritevole di tutela. L’atto costitutivo può anche prevedere che il disponente mantenga la titolarità dei beni vincolati e, indi, assuma lui stesso i poteri e gli obblighi di attuazione dello scopo di destinazione. In tali casi si parla di trust autodichiarato, dove le figure di settlor e trustee confluiscono in capo al medesimo soggetto e in forza del quale si determina un vincolo di destinazione all’interno dello stesso patrimonio del disponente, senza trasferimento della titolarità dei diritti vincolati a terzi. Nel trust, infine, viene spesso prevista la figura del guardiano o “protector“, al quale possono essere attribuite dal settlor diverse funzioni, quali: esercitare poteri amministrativi di concerto con il gestore; esprimere il benestare sulle decisioni assunte dal trustee; impartire direttive o istruzioni al gestore; supervisionare l’attività di amministrazione del trust.
Cos’é il trust finanziario ?
Per trust finanziario si deve intendere il trust in cui i beni conferiti e segregati possono essere rappresentati da: titoli di credito, strumenti finanziari di vario genere, azioni e quote di partecipazione in società o enti similari ovvero altri strumenti di partecipazione ad attività finanziarie e/o societarie, etc..
Cos’é il trust familiare ?
Il trust familiare è quel trust che ha come scopo precipuo quello di proteggere il patrimonio personale e della propria famiglia, destinando i frutti e i ricavi dei beni vincolati ai bisogni della famiglia stessa e, nello stesso tempo, evitando che i beni segregati possano essere oggetto di gravami, iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli.
Cos’é il trust successorio?
Il trust successorio concerne tutte le operazioni relative al passaggio generazionale da un beneficiario a un altrodei beni, sia materiali che immateriali, che si può applicare non solo al patrimonio personale, ma anche alla gestione/possesso delle proprie attività imprenditoriali. Infatti, il trust ha avuto un ampio consenso e utilizzo nel diritto successorio quasi quale divisione testamentaria , poiché esso (in modo simile al testamento) consente di pianificare appunto il passaggio generazionale della ricchezza per la tutela di particolari esigenze, come ad esempio la protezione di soggetti deboli o della redditività di impresa. Il motivo per cui si opta per il trust anziché per il testamento, risiede nel limite che impone il nostro ordinamento giuridico circa l’unitarietà della successione in morte di un soggetto. Il trust successorio, pertanto, va tenuto distinto dal trust disposto per testamento. Il primo è un trust effettuato per atto tra vivi, che può raggiungere gli stessi obiettivi di un testamento sul passaggio generazionale della ricchezza. Il secondo è un trust ordinario, semplicemente disposto a mezzo di un testamento.
Caratteristiche del trust
Oltre a quanto già sopra indicato, ecco alcuni dei caratteri principali dell’istituto:
i beni del trust divengono di proprietà del trustee (a eccezione del trust autodichiarato, la cui ammissibilità è comunque discussa), ma si tratta di proprietà strumentale alla realizzazione delle finalità del trust;
il trustee è obbligato solo verso il beneficiario e non anche verso il disponente;
il trust non si costituisce solo per contratto, ma anche per atto unilaterale(come un testamento);
i beni del trust formano una massa separata (e perciò protetta) dal patrimonio di settlor, trustee e beneficiario, e, in ragione di ciò, non possono essere aggrediti dai loro creditori particolari.
L’ultima caratteristica enunciata rappresenta l’effetto segregativo e al contempo protettivo del trust. In merito a tale effetto, tuttavia, va evidenziato come il nostro legislatore abbia anche delineato specifiche situazioni che non è possibile proteggere, cioè per le quali il trust non può trovare attuazione, quali ad esempio gli atti soggetti all’azione revocatoriaordinaria (art. 2901 codice civile) o fallimentare (artt. 64 e 67 R.D. n. 267/1942).
Atto notarile: quali sono i costi?
Il trust, qualora abbia a oggetto immobili, aziende ovvero partecipazioni sociali, perché possa essere pubblicizzato, deve essere stipulato per atto pubblico, con il ministero di un notaio.
In termini di tassazione indiretta, l’atto notarile istitutivo è soggetto all’imposta sulle donazioni e successioni di cui al D.lgs. n. 346/1990 e questo perché l’art. 2, comma 47, D.L. n. 262/2006 ha previsto che tale imposta si applichi anche a tutti gli atti di costituzione di vincoli di destinazione, fra i quali rientra il trust. In particolare, per il calcolo dell’imposta, il comma 49 del medesimo art. 2 prevede determinate aliquote (4%, 6% ed 8%) da applicare sul valore netto complessivodei beni e dei diritti vincolati, valore quindi eccedente specifiche soglie di franchigia (euro 100.000, 1.000.000 o 1.500.000). Aliquote e franchigie variano in base al rapporto che sussiste fra disponente e beneficiario ed in base alla condizione del beneficiario. Oltre alla suddetta imposta, si devono aggiungere: le imposte ipotecaria e catastale, in misura fissa di euro 200 ciascuna, se il trust ha a oggetto beni immobili; e l’imposta di bollo che, a secondo della tipologia dei beni vincolati e trasferiti in titolarità al gestore, può variare (euro 156, 225, 230 o 300).
Nell’ipotesi in cui il trust venga realizzato senza trasferimento strumentale dei diritti vincolati in favore del trustee, si ottiene il vantaggio fiscale della non applicazione dell’imposta sulle donazioni e successioni. In questo modo la costituzione del trust, che si sostanzia nel solo negozio istitutivo, rientra fra gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, che vuol dire: imposta fissa di registro per euro 200; imposta ipotecaria, in misura fissa di euro 200, se il trust ha ad oggetto beni immobili; e imposta di bollo per euro 45.
Nel caso specifico del trust autodichiarato, ove disponente e gestore coincidono e sempre che si ritenga ammissibile, vi sono tutt’ora dubbi se debba farsi applicazione dell’imposta proporzionale sulle donazioni e successioni (posizione dell’Amministrazione Finanziaria) oppure dell’imposta fissa di registro (come sostenuto della Giurisprudenza Tributaria).
Dall’esame della tassazione indiretta del trust autodichiarato, una più recente Giurisprudenza, sia di legittimità (Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Sentenze n° 1131/2019 e n° 21614/2016) che di merito (Commissione Tributaria Provinciale di Pesaro, Sentenza n° 387/2017), ha sostenuto che l’imposta proporzionale sulle donazioni e successioni si applichi unicamente quando, dopo aver il disponente posto in essere il trasferimento strumentale di quanto vincolato al trustee e una volta raggiunte le finalità del trust stesso, disciplini altresì l’effettiva e finale attribuzione (o trasferimento di titolarità) dei beni e relativi diritti segregati in favore del beneficiario finale. Secondo tale recente impostazione, avallata anche da parte della dottrina (rivista Ipsoa – Wolters Kluwer “Trusts e attività fiduciarie”, pubblicazioni n. 6/2019 e n. 5/2017), è infatti il beneficiario (e non il disponente o il trustee) il soggetto passivo delle imposte di successione e donazione, in termini sostanziali e procedimentali. In sintesi, a parere di questo orientamento: se il settlor pone in essere un trust autodichiarato, oppure se prevede unicamente il trasferimento strumentale dei beni e diritti vincolati al trustee, si applica l’imposta di registro in misura fissa; se, invece, il settlor, contestualmente al trasferimento strumentale al trustee, disciplina anche un trasferimento finale della proprietà dei medesimi beni e diritti vincolati direttamente in favore del beneficiario individuato, allora (e solo in questa ipotesi) si applicheranno le imposte di donazione e successione, con franchigie e aliquote parametrate al grado di parentela esistente tra settlor e beneficiario finale.
Conclusioni
Anche se il nostro ordinamento è ancora carente di una normativa ad hoc, il trust trova oggi in Italia copiosa applicazione e gode di grande successo operativo. Questo perché si tratta di uno strumento giuridico semplice e flessibile nella sua attuazione, oltre che per finalità di tipo tradizionale (scopi familiari, benefici e/o solidali), anche per finalità lucrative. È necessario rivolgersi a un professionista come il notaio non solo per la stipulazione dell’atto, ma anche per avere un parere e consigli tecnici, in campo giuridico e fiscale, di modo da poter realizzare al meglio i propri interessi.
L’originaria scadenza del 10- dicembre -2023 il primo obbligo poi la scadenza sara di 30 gg dalla loro costituzione, e stata rinviata, in seguito ad un ricorso da parte di Assofiduciaria.
COSA ERA PREVISTO DALL’OBBLIGO DI COMUNICAZIONE:
OBBLIGO SOLO SE LA PARTECIPAZIONI IN SOCIETA SUPERA IL 25%
SCADE IL 11 DICEMBRE IL TERMINE PER LA COMUNICAZIONE DEL BENEFICIAL OWNER ALLA CCIAA QUI UNA BREVE BROCHURE CON LE RELATIVE INDICAZIONI CAMERALI
Il titolare effettivo è così individuato dall’art. 20 comma 1 del cd. decreto antiriciclaggio (d. lgs n. 231/2007): “Il titolare effettivo di clienti diversi dalle persone fisiche coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo”. I commi successivi dell’art. 20 forniscono i criteri da seguire per compiere questa individuazione. Lo stesso decreto (v. art. 21 commi 1 e 3) obbliga:
le imprese dotate di personalità giuridica tenute all’iscrizione nel registro delle imprese;
le persone giuridiche private tenute all’iscrizione nel registro di cui al dpr 361/2000;
i trust produttivi di effetti giuridici rilevanti ai fini fiscali e gli istituti giuridici affini ai trust stabiliti o residenti in Italia
a comunicare la propria titolarità effettiva all’ufficio del registro delle imprese affinché l’informazione sia iscritta in apposite sezioni del registro.
Regolamento recante disposizioni in materia di comunicazione, accesso e consultazione dei dati e delle informazioni relativi alla titolarità effettiva di imprese dotate di personalità giuridica, di persone giuridiche private, di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti ai fini fiscali e di istituti giuridici affini al trust”, d’ora in poi ‘Decreto’ – ha precisato, tra gli altri aspetti, quali dati devono essere comunicati e iscritti nelle due nuove sezioni del registro delle imprese. La prima (‘sezione autonoma’) è dedicata all’iscrizione della titolarità effettiva delle imprese e delle persone giuridiche private, la seconda (‘sezione speciale’) è destinata sia all’iscrizione dei trust e degli istituti giuridici affini sia alla pubblicità della loro titolarità effettiva.
L’Italia ha in tal modo istituito il registro dei titolari effettivi, in attuazione delle Direttive nn. 849/2015 e 843/2018 dell’Unione Europea (cd. IV e V Direttiva Antiriciclaggio).
L’obbligo di comunicare la titolarità effettiva non riguarda società di persone, imprese individuali e associazioni non riconosciute.
L’individuazione del titolare effettivo
Il Decreto richiama e in parte puntualizza i criteri da utilizzare per individuare il titolare effettivo.
NELLE IMPRESE DOTATE DI PERSONALITÀ GIURIDICA, il titolare effettivo è (in base all’art. 1 comma 2 lett. o) del Decreto) “…la persona fisica o le persone fisiche cui è riconducibile la proprietà diretta o indiretta ai sensi dell’articolo 20, commi 2, 3 e 5, del decreto antiriciclaggio”. L’art. 20 del decreto antiriciclaggio prevede, a questo proposito:
(comma 2) : “Nel caso in cui il cliente sia una società di capitali: a) costituisce indicazione di proprietà diretta la titolarità di una partecipazione superiore al 25 per cento del capitale del cliente, detenuta da una persona fisica; b) costituisce indicazione di proprietà indiretta la titolarità di una percentuale di partecipazioni superiore al 25 per cento del capitale del cliente, posseduto per il tramite di società controllate, società fiduciarie o per interposta persona”.
(comma 3): “Nelle ipotesi in cui l’esame dell’assetto proprietario non consenta di individuare in maniera univoca la persona fisica o le persone fisiche cui è attribuibile la proprietà diretta oindiretta dell’ente, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile il controllo del medesimo in forza: a) del controllo della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria; b) del controllo di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante in assemblea ordinaria; c) dell’esistenza di particolari vincoli contrattuali che consentano di esercitare un’influenza dominante”.
(comma 5): “Qualora l’applicazione dei criteri di cui ai precedenti commi non consenta di individuare univocamente uno o più titolari effettivi, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche titolari, conformemente ai rispettivi assetti organizzativi o statutari, di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della società o del cliente comunque diverso dalla persona fisica”.
In questo caso la titolarità effettiva è individuata in via ‘cumulativa’: i fondatori, i beneficiari e i titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione sono tutti individuati quali titolari effettivi della persona giuridica privata e devono essere comunicati all’ufficio del registro delle imprese.
MANDATO FIDUCIARIO
La comunicazione deve essere inviata dalle società fiduciarie all’ufficio del registro delle imprese in cui le stesse hanno sede la società partecipata da fiduciaria solo per i soci che possiedano più del 25% del capitale sociale.
E’ previsto l’inoltro di una pratica diversa per ogni mandato fiduciario stipulato dalla società fiduciaria.
TRUST
PER I TRUST E GLI ISTITUTI GIURIDICI AFFINI AI TRUST, l’art. 1 comma 2 lett. q) del Decreto rinvia all’articolo 22, comma 5, primo periodo del decreto antiriciclaggio. Tale disposizione prevede che le notizie sulla titolarità effettiva sono “…relative all’identità del costituente o dei costituenti, del fiduciario o dei fiduciari, del guardiano o dei guardiani ovvero di altra persona per conto del fiduciario, ove esistenti, dei beneficiari o classe di beneficiari e delle altre persone fisiche che esercitano il controllo sul trust o sull’istituto giuridico affine e di qualunque altra persona fisica che esercita, in ultima istanza, il controllo sui beni conferiti nel trust o nell’istituto giuridico affine attraverso la proprietà diretta o indiretta o attraverso altri mezzi”.
Nel caso di tipo soggetto/istituto “Trust”, se il trust è costituito all’estero, la Camera destinataria deve essere quella di Roma (Camera di Compensazione); E’ obbligatorio comunicare il codice fiscale del/i titolare/i effettivo/i, non solo in caso di cittadinanza italiana, ma anche in caso di cittadinanza estera ma con residenza in Italia;
Il dichiarante, in caso di trust, è il fiduciario. Questi deve opzionare nella piattaforma software di compilazione la voce ‘Altro previsto dalla vigente normativa’.
CONTRATTUALE
TVC – ESISTENZA DI VINCOLI CONTRATTUALI PER INFLUENZA DOMINANTE SULLA SOCIETA’
CUMULATIVA
Si parla di comunicazione cumulativa, nelle persone giuridiche private : In questo caso la titolarità effettiva è individuata in via ‘cumulativa’: i fondatori, i beneficiari e i titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione sono tutti individuati quali titolari effettivi della persona giuridica privata e devono essere comunicati all’ufficio del registro delle imprese.
Anche in questo caso, la titolarità effettiva è individuata in via cumulativa (4): se oltre al costituente (o settlor) e al fiduciario (trustee) sono presenti altri soggetti tra quelli indicati, tutti devono essere comunicati quali titolari effettivi del trust affinché siano iscritti
COMUNICAZIONE
1- VARIAZIONI
2- PERIODICA : OGNI 12 MESI
Soggetti obbligati:
dal legale rappresentante o da uno degli amministratori, o dei liquidatori, o dal commissario liquidatore, o dal commissario giudiziario, in caso di società (oppure da un sindaco, in caso di inerzia degli amministratori/liquidatori);
dal fondatore o da una delle persone dotate di poteri di rappresentanza e amministrazione, o dal liquidatore in caso di persona giuridica privata;
dal fiduciario, in caso di trust o di istituti giuridici affini.
La comunicazione della titolarità effettiva non può essere inviata contestualmente ad altre istanze o denunce da presentare all’ufficio del registro delle imprese (unica eccezione, ai sensi dell’art.3, c.3 del Decreto, è rappresentata dalla comunicazione periodica annuale di ‘conferma’: le imprese dotate di personalità giuridica possono infatti inviarla all’ufficio del registro delle imprese contestualmente al deposito del bilancio d’esercizio).
Indipendentemente dalla circostanza che intervengano variazioni della titolarità effettiva, è prevista una comunicazione periodica annuale. Lo stabilisce l’art. 3 comma 3 del Decreto: “Gli stessi soggetti comunicano annualmente la conferma dei dati e delle informazioni, entro dodici mesi dalla data della prima comunicazione o dall’ultima comunicazione della loro variazione o dall’ultima conferma. Le imprese dotate di personalità giuridica possono effettuare la conferma contestualmente al deposito del bilancio”.
Quindi le società già ricordate, le persone giuridiche private, i trust e gli istituti giuridici affini devono periodicamente comunicare la loro titolarità effettiva anche se nulla sia cambiato rispetto all’ultima comunicazione presentata. L’adempimento deve essere effettuato entro 12 mesi dall’ultima comunicazione di variazione o dall’ultima conferma.
In caso di mandato fiduciario la provincia di competenza è quella della sede della società fiduciaria alla quale il mandato fa riferimento. La comunicazione della titolarità effettiva non è soggetta ad imposta di bollo.
È invece dovuto il diritto di segreteria, stabilito dal DM 20 aprile 2023 pari ad € 30.
L’omessa comunicazione della titolarità effettiva è sanzionata in base all’art. 2630 c.c. (7), come da seguente prospetto. Le scadenze da considerare sono diverse, in funzione dell’atto/evento da cui si genera l’obbligo della comunicazione.
Denunce e comunicazioni presentate oltre 30 giorni successivi alla scadenza
minimo: € 103,00 massimo: € 1.032,00
€ 206,00
Società, persone giuridiche private, trust e istituti affini
Importo sanzione
Pagamento in misura ridotta (se compiuto entro 60 gg dalla notifica)
Denunce e comunicazioni presentate entro i 30 giorni successivi alla scadenza
minimo: € 34,33 massimo: € 344,00
€ 68,66
VARIAZIONI
Tutte le volte in cui si verifichi una variazione della titolarità effettiva dovuta a qualsiasi causa (a mero titolo esemplificativo si possono ricordare circostanze quali il subentro di un nuovo socio con quota di partecipazione al capitale sociale superiore al 25%; oppure la nomina di un nuovo amministratore di persona giuridica privata; il cambiamento dei beneficiari del trust o dei soggetti che esercitano il controllo sul trust; ecc…) deve essere inviato un nuovo modello digitale TE all’ufficio del registro delle imprese competente.
PERICOLI PER BENEFICIARIO
In caso di presenza di pericoli per il beneficiario e possibile indicare il controinteressato all’accesso ai dati sulla titolarità effettiva, è necessario digitare il codice specifico sotto indicato, cui è abbinato il campo obbligatorio in cui compilare la motivazione per cui – in base all’art. 21 commi 2 lett. f) e 4 lett. d-bis) – l’accesso esporrebbe “…il titolare effettivo a un rischio sproporzionato di frode, rapimento, ricatto, estorsione, molestia, violenza o intimidazione” oppure se “il titolare effettivo sia una persona incapace o minore d’età”.
Se viene opzionato il codice sotto indicato è necessario indicare anche, nell’apposito campo, l’indirizzo di posta elettronica certificata riferibile al titolare effettivo presso cui la Camera di Commercio deve inviare al controinteressato le istanze di accesso ricevute (v. art. 7 comma 3 del Decreto).
CONTROINTERESSATO – CODICE DA UTILIZZARE E DESCRIZIONE
CTR CONCRETA E DETTAGLIATA MOTIVAZIONE DEL CONTROINTERESSATO
CASI PARTICOLARI
Quote di partecipazione o azioni che formano oggetto di vincoli o di diritti reali parziali e comunicazione della titolarità effettiva Come è noto, le azioni/quote di partecipazione possono formare oggetto di diritti reali parziali (usufrutto, nuda proprietà, pegno) oppure di comproprietà; su di esse possono inoltre insistere dei vincoli (sequestro, pignoramento). Queste vicende devono essere valutate dagli amministratori e dagli altri soggetti tenuti a comunicare la titolarità effettiva della società/ente da essi rappresentata/o e/o amministrata/o. La tabella che segue, in assenza, al momento, di specifici indirizzi ministeriali, illustra sinteticamente quanto generalmente previsto dalla legge, fermo restando che il singolo caso potrebbe essere regolato diversamente dall’accordo tra le parti o dal provvedimento dell’autorità giudiziaria.
DIRITTO O VINCOLO
Il dichiarante, in caso di trust, è il fiduciario. Questi deve opzionare nella piattaforma software di compilazione la voce ‘Altro previsto dalla vigente normativa’.
USUFRUTTO E NUDA PROPRIETA
All’usufruttuario, salva diversa convenzione con il nudo proprietario, spetta il diritto di voto e il diritto alla percezione degli utili e, pertanto, lo stesso sarà individuabile quale titolare effettivo. Tuttavia se in base agli accordi intervenuti tra il nudo proprietario e l’usufruttuario, il diritto di voto spetta al primo, sia il nudo proprietario che l’usufruttuario sono individuabili come titolari effettivi se la partecipazione superi la soglia del 25% del capitale sociale.
PEGNO
Il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio (art. 2352 c.c.) salvo diverso accordo con il socio-debitore. Il creditore pignoratizio va quindi normalmente individuato come titolare effettivo.
SEQUESTRO
Il diritto di voto e gli altri diritti amministrativi sulle azioni/quota di partecipazione spettano al custode (salvo diverso provvedimento del giudice). quest’ultimo è quindi individuabile quale titolare effettivo se la partecipazionesequestrata superi il 25% del capitale sociale.
COMUNIONE
L’art. 1105 c.c. stabilisce che il partecipante che detiene la maggioranza delle quote della cosa comune decide in via vincolante anche per gli altri partecipanti qualora l’atto da compiere rientri nell’ordinaria amministrazione. Questi può quindi essere individuato quale ‘titolare effettivo’ se la partecipazione in comunione superi il 25% del capitale sociale. Se la partecipazione sociale che forma oggetto di in comunione è attribuibile in parti uguali ai comunisti, nessuno di essi è titolare della maggioranza della partecipazione. In questo caso, appare plausibile che l’amministratore possa dichiarare ‘titolare effettivo’ tutti i comproprietari, salvo che circostanze di fatto o eventuali accordi tra gli stessi circoscrivano la scelta ad uno solo o ad alcuni di essi.
Se la partecipazione è sottoposta a pignoramento, l’indicazione fornita da vari Tribunali è che il titolare effettivo della stessa vada individuato nel socio-debitore esecutato (13).
Società con capitale frazionato
Tre criteri progressivi e il TRA
Da tutto quanto sopra descritto, emerge chiaramente che l’identificazione del titolare effettivo può avvenire secondo tre criteri progressivi e cioè:
Il criterio dell’assetto proprietario – Innanzitutto è necessario l’individuazione di una o più persone fisiche che detengono una partecipazione superiore al 25% del capitale in modo diretto o indiretto. Se la percentuale superiore al 25% del capitale nella società cliente è controllata da un soggetto non persona fisica, il titolare effettivo deve essere individuato, risalendo lungo la catena partecipativa, nella persona fisica o nelle persone fisiche che, in ultima istanza, detengono tali quote;
Il criterio del controllo – Il secondo criterio interviene solo se dall’analisi dell’assetto proprietario non è possibile individuare il titolare effettivo, e in tal caso si individuerà la/e persona/e che ha/hanno il controllo attraverso il possesso della maggioranza dei voti in assemblea ordinaria o di un numero di voti o determinati vincoli contrattuali sufficienti a esercitare un’influenza dominante come per esempio nei casi di patto di sindacato ecc.
Il criterio residuale – In base al quale, qualora l’applicazione dei criteri riguardanti l’assetto proprietario e il controllo non consenta di individuare univocamente uno o più titolari effettivi, il titolare effettivo deve essere individuato nella persona fisica o nelle persone fisiche titolari di poteri diamministrazione o direzione della società.
Secondo le ultime previsioni normative, quindi, non sono più configurabili entità prive di titolare effettivo ad eccezione delle imprese individuali, dei liberi professionisti, delle eredità giacenti e procedure fallimentari.
ESEMPIO 4 soci C-D-E-F CON IL 25% DEL CAPITALE
In questo caso non si evidenzia alcuna titolarità formale di quote superiore al 25%. Se agli amministratori di Alfa spa risulta inoltre:
che non vi sono interposizioni di persone tra i soci-persone fisiche tali da generare fenomeni rilevanti di proprietà indiretta;
che nessuno dei soci persone-fisiche – ‘C’, ‘D’, ‘E’ e ‘F’ – controlla una delle due società-socie (e sia quindi titolare della ‘proprietà indiretta’ della corrispondente partecipazione);
Il titolare effettivo non può essere individuato mediante il ‘criterio della proprietà. Può tuttavia essere utilizzato il ‘criterio del controllo’. Esempio: i soci ‘C’, ‘D’, ‘E’ e ‘F’ si accordano nel senso di votare conformemente a ‘F’ nelle assemblee ordinarie. Quest’ultimo è il titolare effettivo da dichiarare agli uffici del registro delle imprese: ‘F’ dispone infatti della maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria (nel modulo digitale TE il titolare effettivo ‘F’ va indicato, in questo caso, con codice TCM). Se solo ‘C’ e ‘D’ si accordano con ‘F’ nel senso appena ricordato, quest’ultimo disporrebbe del controllo del 45% dei voti: in questo caso potrebbe, di fatto, esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria. Se ricorre questa ipotesi il titolare effettivo ‘F’ va indicato con codice TCE.
Infine, se il criterio del controllo non fosse sufficiente perché nessun socio di Alfa spa ha il controllo della maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria o il controllo di un numero di voti sufficienti per esercitarvi un’influenza dominante – e non risulta che altri soggetti (persone fisiche) siano in grado di svolgere un’influenza dominante sulla società in seguito all’esistenza di particolari vincoli contrattuali 17– deve essere utilizzato il cd. ‘criterio residuale’. Il titolare effettivo di Alfa spa coincide, in questo caso, con “…la persona fisica o le persone fisiche titolari, conformemente ai rispettivi assetti organizzativi o statutari, di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della società”. Quando viene utilizzato il criterio residuale il titolare effettivo si identifica in colui che esercita in concreto un potere gestorio generale ed il potere di vincolare all’esterno la società. Circostanze che devono essere accertate dall’amministratore: non vanno quindi necessariamente indicati oltre al rappresentante legale, tutti gli amministratori e tutti i dirigenti prescindendo dai poteri attribuiti. L’individuazione del/i titolare/i effettivo/i è invece compiuta, come prevede la norma, tenendo conto delle concrete caratteristiche organizzative della società. In questo caso al/ai titolare/i effettivo/i va abbinato il codice TRA. L’uso del cd. ‘criterio residuale’ obbliga a tenere traccia delle ragioni che non hanno consentito di individuare il titolare effettivo in base al ‘criterio della proprietà’ e al ‘criterio del controllo’ (v. art. 20 comma 6 decreto antiriciclaggio). Tali informazioni – assieme alla traccia delle verifiche compiute dagli amministratori per l’individuazione, in genere, della titolarità effettiva – possono essere richieste dagli uffici del registro delle imprese in caso di successivi controlli sulla veridicità delle dichiarazioni ricevute.
La società ha maturato una significativa esperienza nell’attività di pianificazione patrimoniale, finalizzata alla protezione del patrimonio personale e imprenditoriale dai molteplici rischi cui è esposto, al fine di preservarne l’integrità in vista della trasmissione alle generazioni future.
Nell’ampio e complesso spettro di strumenti giuridici a disposizione (trust, holding di famiglia, partecipazioni societarie dotate di diritti particolari, patti di famiglia, fondazioni), l’assistenza prestata dalla società è caratterizzata da elevati livelli di personalizzazione del servizio.
Le proposte al cliente sono il frutto di una puntuale ricognizione delle peculiarità di ciascuna situazione familiare e patrimoniale e di una precisa definizione degli obiettivi di volta in volta ricercati, dove la crescente complessità delle esigenze della clientela richiede sempre più spesso il ricorso a una combinazione di diversi strumenti giuridici.
Il cliente è assistito sia nella fase di identificazione della soluzione, nell’ambito della quale occorre tenere conto anche delle problematiche connesse alla sempre più frequente mobilità internazionale delle persone, sia nella fase di strutturazione ed esecuzione, tramite il coordinamento delle diverse figure professionali coinvolte.
L’assistenza in questo ambito è fornita al cliente, ove richiesto, anche attraverso il coinvolgimento dei professionisti legali.
L’escrow account è un contratto tra due soggetti in base al quale le parti contraenti affidano ad un terzo soggetto il mandato per regolare la compravendita di beni mobili e immobili, ma anche di partecipazioni societarie o rami aziendali. A seguito della stipulazione del contratto di escrow account, le parti depositano presso il terzo il bene o il documento oggetto della transazione e il suo controvalore in denaro. Il bene o la somma depositata viene amministrata per conto del depositante fino al momento in cui, al verificarsi di una determinata condizione, sarà consegnata al compratore.
Il terzo agisce dunque come escrow agent tra le due parti contraenti. I vantaggi di stipulare un escrow account sono molteplici. Prima di tutto, si sottraggono le somme confluite nel deposito alla disponibilità del depositante e nello stesso tempo queste divengono opponibili ai creditori, anche in caso di fallimento dello stesso. La costituzione di un escrow account può fungere da garanzia anche per l’esportatore primario e le banche assicuratrici ed è positivamente considerata anche dalle agenzie di assicurazione del credito all’esportazione ai fini del rilascio di eventuali coperture assicurative. Nel diritto anglosassone questo rapporto viene attuato attraverso il trust.
Nel nostro ordinamento esistono fattispecie simili all’escrow account, come il contratto a favore di terzi e la norma che disciplina l’interesse di un terzo nel deposito. Ma questi istituti giuridici non danno le stesse garanzie di un escrow account. Solo con un tale “impegno scritto a garanzia depositato presso terzi”, le somme e i beni depositati sono garantiti da eventuali aggressioni di terzi. Infatti, in base alle norme dell’ordinamento italiano il terzo depositario, al momento del deposito, diverrebbe proprietario dei beni o delle somme depositate con la conseguente possibilità per i creditori dello stesso di agire su di essi.
Solo con un escrow account le parti risultano completamente tutelate, in quanto i beni o la somma di denaro sono costituiti in trust e il trustee (depositario) deve gestirli secondo le direttive indicate nell’atto costitutivo. L’escrow agent, quindi, al verificarsi delle condizioni previste dal contratto libererà le somme detenute e contestualmente consegnerà al compratore il bene.